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Empeiros
view post Posted on 4/8/2010, 22:23




SPOILER (click to view)
Empeiros Doleron image

Un concentrato di odori, rumori e umori si abbatteva implacabile contro il giovane che, con passo veloce, continuava ad avanzare verso la meta. Era sempre stato abituato alla solitudine, a pensare solo con se stesso e nonostante non avesse particolari problemi a stare in mezzo alla folla, quella sensazione gli creava sempre un po' di disagio. Si sentiva... Osservato. Certo, forse era semplicemente paranoico, anzi era paranoico e basta, fatto stava che non gli piaceva stare troppo a lungo tra le persone, lì in mezzo era tutto troppo... In vista.
Tutto era troppo in vista. Quando andava in giro e si ritrovava in mezzo alla folla non poteva fare a meno di osservare le persone intorno a lui. Il loro corpo, le gambe, i fianchi, la vita, le braccia, le mani, il volto. Volti che tradivano ogni aspetto della personalità della persona, gesti che facevano capire cosa realmente pensasse il tal individuo, tic appena percettibili ma dal profondo significato. Tutto, percepiva ogni cosa. Una valanga di informazioni gli inondavano la mente ad ogni passo.
Ascoltava voci, osservava le camminate e il modo in cui le persone interagivano. Un uomo che si sfregava nervosamente le mani, la donna che stava a braccia incrociate sull'autobus affollato, anche la distanza che due persone utilizzavano per interagire fra loro rivelava qualcosa, se analizzata in relazione al contesto.
Ogni dato, se messo in relazione agli altri, dava vita ad un profilo praticamente perfetto della persona con un margine di errore estremamente ridotto. Ciò richiedeva senza dubbio una grande abilità, ma gli studiosi della mente spesso sono capaci di mettere a nudo l'anima di una persona al primo semplice sguardo, quindi, una cosa simile non era poi così straordinaria.
Con la testa che ormai pulsava, il ragazzo si avvicinò ad una piccola gelateria, si avvicinò al gelataio e chiese, sorridente:
«Sono buoni questi gelati?»
L'uomo, un signore di mezz'età dall'aria bonaria, rispose, portando l'indice al naso per un momento: «I migliori della città!»
«Ma dai, siamo proprio sicuri?» Continuò il ragazzo.
«Ovvio, non dico bugie, provare per credere!» Rispose nuovamente l'uomo, portando la mano dietro la nuca.
«In questo caso, prendo una coppetta con tiramisù e banana.» Concluse il giovane.
Quella dell'uomo era chiaramente una menzogna, i suoi non erano i migliori gelati della città ed egli stesso ne era ben conscio, ma era una di quelle menzogne che facevano parte della quotidianità, chiunque le riconosceva, si sapeva che erano palesemente false, ma venivano dette comunque, perché ormai era consuetudine che un commerciante considerasse migliore la sua merce. Perfino i segni rivelatori che svelavano la menzogna non servivano in quei casi.
«Grazie ed arrivederci!» Disse il gelataio salutando.
Il giovane si portò verso un parchetto lì vicino; parco che aveva individuato giorni prima durante le lunghe passeggiate nella città. Doveva andare in un punto dove era presente una minore concentrazione di persone, in quel modo si sarebbe potuto sedere e avrebbe riposato sia le gambe che la testa.
«Paf.» Mormorò il giocane, mentre portava alla bocca il fresco gelato tramite il cucchiaino di plastica.
«Bugie che tutti si aspettano ma che comunque si dicono. Si può considerare una società basata sulla menzogna?» Disse, parlando col nulla.
Il parco non era molto grande, ma al centro aveva una bella fontana e, vicino ad ogni panchina, anche su quella su chi era seduto il giovane, vi erano un paio di lampioni, pronti ad illuminare la zona quando, di lì a poco, avrebbe fatto buio.
La città in sé era parecchio grande, un gran numero di persone e di edifici, un ottimo livello di industrializzazione e di servizi. Tante belle cose da osservare.
«Paf.» Fece di nuovo il giovane.
Ormai il gelato era diventato un miscuglio tra i due gusti, non mancava molto alla fine.
«Potrebbe andare peggio, potrei essere in Francia.» Mormorò nuovamente.
«Però potrebbe sicuramente andare meglio, potrei essere in una località di mare con tante giovani ragazze in abiti succinti pronte a soddisfare ogni mio desiderio.»
Fortunatamente in quel momento accanto al giovane non stava passando nessuno, la gente sicuramente sarebbe rimasta abbastanza impressionata da qualcuno che parlava da solo, e di cose simili per giunta.
Queste cose però è meglio pensarle e basta. Si disse fra sé.
Passò qualche minuto, finì il gelato e, quando trovò finalmente la voglia di alzarsi, lo andò a gettare in uno dei cestini sparsi per il piccolo parchetto situato nel centro città. Ovviamente, non appena ebbe adempiuto all'arduo compito, torno con velocità alla sua ormai prediletta panchina, in modo che nessuno potesse occuparla al posto suo.
Dovrei anche trovarmi una sistemazione fissa. Ahimè, perché devo essere così svogliato?
Distendendo le mani su lati della panchina e appoggiandosi bene allo schienale, si mise nella posizione più comoda possibile per osservare le persone che saltuariamente gli passavano davanti.
Fortunatamente portava i suoi soliti abiti, un pantalone di tuta in tessuto tecnico e una lunga maglia a maniche corte con tonalità di bianco e verde con sopra disegnato un dragone orientale, entrambi molto curati e puliti; in quel modo almeno il rischio di farsi arrestare per vagabondaggio era decisamente più basso, soprattutto perché su quella panchina si sentiva un barbone.
Non contento di dove l'aveva portato il suo ragionare, il giovane si alzò e ricominciò ad incamminarsi.
Direi che presto dovrò cercare una dannata casa, non ho assolutamente voglia di continuare a dormire fuori o negli Hotel che mi capitano a tiro.
«Paf.» Fece, nuovamente, Empeiros.

Edited by Empeiros - 5/8/2010, 23:12
 
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Misos
view post Posted on 4/8/2010, 23:39




Sferragliando e sbuffando come un vecchio con il catarro, il treno che sembrava appartenere ad un'altra epoca giunse finalmente a destinazione, fermandosi così bruscamente che Misos venne svegliato di colpo e venendo quasi sbalzato in avanti. Imprecando sommessamente egli si guardò pigramente intorno e, notando che i pochi passeggeri rimasti si stavano affrettando a scendere, si alzò a sua volta seppur con estrema svogliatezza.
Era su quel catorcio che chiamavano treno da quasi dodici ore ma nonostante sembrasse non desiderare altro che scendere, attese che tutti gli altri si fossero allontanati per prendere i suoi pochi averi contenuti in uno zaino che aveva visto giorni migliori; issatosi sulle spalle il bagaglio iniziò a muovere qualche passo in avanti sbattendo le gambe più del dovuto per riattivare la circolazione negli arti inferiori, tutte quelle ore seduto avevano iniziato a provocargli alcuni dolori alle giunture, cosa che lo fece uscire in altre imprecazioni.
«Sto diventando peggio di un vecchio, al diavolo questi treni di merda..» Borbottò a mezza voce scendendo finalmente dal mezzo ed entrando suo malgrado in una immensa folla che molto disordinatamente si dirigeva all'uscita.
Con urti e parolacce tutti cercavano di affrettarsi verso l'esterno per raggiungere i loro inutili affari, come se muoversi con tutta quella flemma giovasse loro in qualche modo, come se raggiungere il prima possibile la loro routine li difendesse dai problemi quotidiani, come se fosse sufficiente chiudersi gli occhi e tapparsi le orecchie per non avere più nulla da temere dal mondo esterno. Fottuti patetici illusi, la vita non era che un proseguo di orridi eventi che ti battevano con violenza arrivando a temprarti come acciaio o spezzandoti nel più brutale dei modi; non c'erano altre possibilità, o eri acciaio o eri feccia da non tenere nemmeno in considerazione: una logica tutto sommato semplice per un personaggio contorto come Misos Ametros. Odio Smisurato era un nome che egli stesso si era attribuito quando, dopo le troppe battute, era diventato un acciaio così temprato da vendicarsi nel peggiore dei modi dei suoi aguzzini.
Coloro che avevano cercato di distruggerlo fisicamente e mentalmente non avevano fatto altro che prendere una piccola bestia nutrendola d'odio a tal punto che essa era cresciuta a dismisura rompendo la gabbia che gli avevano costruito intorno e divorando anche l'anima di coloro che speravano di renderlo un esempio. La bestia era stata quindi sguinzagliata e aveva morso alla gola chiunque aveva ostacolato il suo passaggio.
Aveva gustato il sangue.. E gli era piaciuto.
Ma tutto questo era il passato, si ritrovò a pensare Misos mentre con eccessiva calma usciva dalla stazione, nulla aveva più importanza ormai e nemmeno il sangue gli dava più quelle gioie che provava un tempo.
Scuotendo la testa con aria disgustata il giovane afferrò il proprio zaino e ne estrasse un libro che iniziò a sfogliare avidamente, con pochi sguardi ben indirizzati si era ben impresso nella mente il percorso da compiere, perciò iniziò a fendere la folla senza staccare gli occhi dal volume che stringeva saldamente tra le mani.
Senza preoccuparsi degli urti che inconsapevolmente distribuiva, Misos procedette per qualche minuto non fermandosi nemmeno ai semafori rossi e ricevendo in risposta diversi gestacci e parolacce dagli automobilisti in corsa. Era talmente preso dalla lettura che inizialmente non comprese subito il brivido freddo che gli corse lungo la schiena, quella sgradevole sensazione che aveva provato fin troppo spesso quando si trovava nei paraggi di un altro Qwaser.
Egli alzò lo sguardo per qualche istante e tranquillamente chiuse il libro dopo aver memorizzato il numero della pagina che aveva appena letto muovendosi poi con ancora maggiore circospezione, non era stato il brivido a metterlo all'erta, ma la collana che indossava un giovane seduto su una panchina a pochi metri da lui, quella pietra era inconfondibile: era un Qwaser!
Fanculo, fanculo, fanculo.. FANCULO! Mi hanno trovato di nuovo. Pensò tra se e se mentre cercava di fendere la folla senza però dare troppo nell'occhio, il suo obiettivo era di allontanarsi quel tanto che bastava per passare da preda a cacciatore, sarebbe stato lui a pedinare quel Qwaser per vedere la sua destinazione. Se avesse avuto la fortuna di individuare subito tutti i suoi nemici li avrebbe abbattuti in un'unica volta liberandosi così del problema.
Non pensavo mi avrebbero trovato anche in un posto così merdoso.
I suoi passi intanto si facevano più leggeri, come il migliore dei camaleonti egli si muoveva indistinto tra la folla, tuttavia sapeva che sarebbe stato inutile se veramente quel Qwaser era in cerca di lui, i suoi capelli bianchi e gli occhi color del sangue lo rendevano anche troppo identificabile.
Non appena raggiunse un folto gruppo di persone egli allungò quindi il braccio e sfilò gli occhiali da sole dalle tasche di un tale che stava poco avanti a lui, questi non si accorse nemmeno di quel furtarello e quando si voltò Misos era già scomparso.
Il Qwaser dell'Uranio riemerse dalla folla pochi secondi dopo con indosso un cappello e un paio di occhiali da sole che celavano almeno in parte la propria identità, identificato il proprio bersaglio iniziò poi il pedinamento.
Ora si trattava solo di aspettare.
 
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Empeiros
view post Posted on 5/8/2010, 00:57




Una volta alzatosi dalla panchina, Empeiros Doleron iniziò ad andare verso la parte del centro più affollata. Camminava, camminava ed osservava ogni cosa intorno a lui. Con estrema calma raccoglieva, analizzava ed elaborava dati. Per lui osservare tutte quelle persone in una città così caotica era come per uno studioso della fauna africana studiare il comportamento delle scimmie nel loro habitat naturale. Nonostante le apparenze, Empeiros guardava i fatti con una freddezza impressionante, quasi sovrumana. Era anche grazie a questo che riusciva ad accorgersi della maggior parte delle cose che gli accadevano intorno.
Si accorgeva di ogni cosa, come del fatto che, poco prima di alzarsi dalla panchina, la folla intorno a lui era cambiata. D'un tratto le persone si erano fatte più chiuse, aggressive, sospettose. Le braccia andavano lungo il resto del corpo, facendo scomparire le mani nelle tasche nella maggior parte dei casi, il passo si era fatto più veloce, gli sguardi cominciavano a guizzare da una parte all'altra, cercando di evitare il contatto diretto con gli occhi di qualcun altro, il ciarlare si era fatto meno intenso.
Quel comportamento... Era una sorta di empatia che accompagnava l'essere umano fin dall'antichità. Non si trattava esattamente di empatia in senso letterale, era più una sorta di linguaggio ancestrale risalente all'età della pietra, alla comparsa dei primi uomini, quando il linguaggio non aveva ancora fatto la sua comparsa. Ogni qualvolta al gruppo si univa un'entità o un gruppo di entità con stati d'animo profondamente differenti da quelli del gruppo originale, si formava un nuovo gruppo, che presentava il punto medio tra le due forze emotive e che comprendeva all'interno i due gruppi originari. In parole povere, era come mettere una grossa quantità di ghiaccio in una stanza chiusa molto calda. Alla fine il ghiaccio si scioglie e il calore diminuisce, raggiungendo così una temperatura media. Ecco, la stessa cosa succedeva tra le persone nell'antichità e, nonostante il grande sviluppo tecnologico e scientifico della civiltà umana, questa antichissima capacità di adattamento era rimasta, seppur in maniera molto lieve. Qualcosa, o meglio qualcuno, un individuo carico di energia emotiva, aggressività e, probabilmente, odio era entrato in contatto con quello che era l'enorme essere chiamato "gente". Subito il gruppo "Gente" si era dovuto adattare alla sua entrata, cambiando, seppur leggermente, il suo modo di essere.
Nonostante tutto però questa sensazione durò solo pochi istanti, in pochissimi minuti l'individuo che aveva sconvolto il normale modus operandi della massa sembrava essersi adattato a sua volta all'ambiente, divenendo quasi invisibile. Quasi.
Che cosa divertente... Mormorò fra sé Empeiros.
Quella situazione si stava effettivamente trasformando in qualcosa di molto stimolante per la mente contorta, e probabilmente anche un po' malata, di Empeiros. Il giovane continuò a camminare, continuando ad osservare ciò che gli succedeva intorno e notando i cambiamenti della folla. Ogni tanto si fermava di fronte a grandi vetrine di negozi di vestiti, piene di capi d'abbigliamento, specchi e luci di ogni genere, ottimi modi per invogliare un compratore. Durante la sua lunga passeggiata si fermò ad osservare le vetrine di vari negozi, guardando anche all'interno del negozio stesso. Ogni tanto si fermava, quasi imbambolato, davanti a qualcosa, come monumenti o simili, lo ammirava per qualche momento e si rimetteva in cammino.
Ad un certo punto arrivò fino ad un ponte ad uso esclusivo dei pedoni, a giudicare dalla struttura, interamente in pietra e con alcune rifiniture in marmo bianco, doveva essere parecchio antico. Ormai il sole iniziava a calare, l'ora di cena era passata da poco quindi non c'era molta gente. I lampioni situati su tutta la lunghezza del ponte si erano appena accesi, dando vita ad uno spettacolo senz'altro abbastanza suggestivo.
Empeiros attraversò velocemente il ponte e si appoggiò al muretto che si trovava subito alla destra del ponte stesso.
«Ora, non ho nulla in contrario quando a seguirmi è una donna, certo la cosa sarebbe comunque inquietante, ma la è ancora peggio quando a farlo è un uomo.» Prorompette improvvisamente il giovane.
«Ti toglieresti occhiali e cappello, per favore? Almeno ci possiamo vedere in faccia, inoltre, dire che a quest'ora la luce non da più molto fastidio fastidio.»
Empeiros si appoggiò più comodamente al muretto, quindi continuò.
«Qwaser, vero? Durante la mia camminata, quando mi fermavo davanti alle vetrine, osservavo il riflesso, all'ultima vetrina ho visto il luccichio del tuo piercing, è stato per un istante, poi è stato di nuovo nascosto dagli occhiali quando hai aggiustato la loro posizione, in effetti sembrano un po' troppo grandi; comunque ho notato la pietra... Quel rosso, quasi fosse sangue cristallizzato, anche se lo vedo per una frazione di secondo lo riconosco.» Empeiros quindi prese fiato per un momento, girandosi completamente verso la persona che l'aveva seguito fino ad adesso. Era stato veramente bravo, se non fosse stato allarmato dal comportamento delle persone all'inizio, non se ne sarebbe mai accorto, quel tizio era in gamba.
«Ti dispiacerebbe dirmi il motivo del tuo pedinamento? Basta che non sia "Ti ucciderò in nome di X", "Unisciti a noi o ti uccido" o simili. Anche se è raro che mandino Qwaser.»
Certo, era un azzardo, ma Empeiros non credeva che quel Qwaser fosse stato mandato da qualcuno per ucciderlo. Le informazioni che era riuscito a ricavare inizialmente erano di una persona probabilmente pronta al combattimento, forse con un'incredibile sete di sangue, ma una cosa atta solo a se stesso, non per qualcun altro. Era possibile che il tipo fosse un Qwaser pazzoide che si divertiva ad ammazzare tutti gli altri Qwaser per la propria supremazia, ma, come già detto, Empeiros aveva fatto un piccolo azzardo. Dopotutto gli piacevano quei giochetti.
 
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Misos
view post Posted on 5/8/2010, 02:45




In mezzo alla folla Misos si sentiva poco a suo agio, non solo doveva stare attento al giovane che stava seguendo, ma doveva evitare ogni atteggiamento sospetto per non allarmare i presenti rischiando così di infilarsi in problemi ancora più grossi. In più in mezzo a quel marasma c'era sempre qualcuno che puzzava, aggredendo le sensibili narici del Qwaser con un effetto peggiore di quello di un colpo di pistola.
Tuttavia non ci si poteva permettere il lusso di distrarsi durante un pedinamento, ogni elemento del suo essere doveva concentrarsi sul suo obiettivo senza lasciarlo neanche per un momento né farsi scoprire: dalla sua aveva il vantaggio che il suo bersaglio non aveva idea di essere pedinato, tuttavia non conosceva in alcun modo la città, cosa che lo obbligava a stare più vicino del normale all'obiettivo per mantenere il contatto visivo.
Di norma la distanza giusta per un pedinamento si trovava circa tra i quindici e i venti metri, Misos però manteneva perennemente un distacco della metà dal suo uomo, non staccandogli mai gli occhi di dosso e sfruttando ogni istante per orientarsi in quella caotica cittadina.
Da quando si era alzato dalla panchina dove aveva consumato un gelato, il giovane aveva iniziato a camminare fin troppo tranquillamente, soffermandosi di tanto in tanto a osservare qualche vetrina o luogo particolare, sembrava un normale turista ad un occhio non allenato, tuttavia Misos era sempre stato un acutissimo osservatore e fin troppi particolari stonavano in Empeiros: i suoi abiti sembravano si comodi e adatti a lunghe camminate, però non aveva con se alcuna macchina fotografica o anche solo un borsello dove contenere soldi, mappe e il resto della miscellanea utile a chiunque volesse recarsi in visita in una certa località. Tutto in lui dimostrava solamente una facciata di normalità, una facciata sotto la quale si nascondeva un altro predatore, una tigre in caccia immersa nel suo ambiente a cui bastavano pochi attimi per passare da una calma propria dei maestri zen ad una furia paragonabile solamente a quella dei peggiori uragani: in sostanza un pericolo da non poter trascurare.
I due continuarono il loro piccolo gioco per qualche ora, allontanandosi man mano dal centro della città e spostandosi verso una zona periferica e meno abitata: il posto ideale per un agguato, raramente sorgevano alberghi o ostelli dove riposare in zone simili, quello era il quartiere destinato alle industrie o a campi sportivi dove allenarsi, cosa che veniva testimoniata dal numero di persone che si allontanava dalla zona rispetto a quella che vi era diretta.
«Ci siamo..» Mormorò tra se e se Misos continuando lo stesso a procedere lungo la stessa strada che il suo probabile nemico stava percorrendo, mentre il suo sguardo rimaneva incollato sulla schiena del giovane, la sua mente elaborava piani ad una velocità folle, vagliando e scartando possibilità mentre il divario tra i due si stringeva. Il pedinamento era durato anche troppo a lungo, ogni fibra del suo essere si era impegnata in quel tira e molla sfruttando ogni possibile inganno per mascherare i suoi intenti, praticamente ogni volta che il suo obiettivo sembrava volgersi dalla sua parte egli si copriva il viso con un giornale o si chinava ad allacciarsi le scarpe, ogni parte riflettente del suo equipaggiamento era sapientemente occultata per non mandare bagliori identificabili.
Praticamente ogni parte.
Il piercing che egli portava al sopracciglio destro non era purtroppo celabile e quella pietra era un marchio riconoscibilissimo per ogni Qwaser, un segno che lo avrebbe marchiato per il resto della vita ma di cui lui non avrebbe potuto fare a meno, dannazione e privilegio allo stesso tempo, prestigio e condanna, indelebile simbolo che era però un perverso piacere portare. Uno dei pochi benefici di essere un Qwaser oltre all'ovvio fatto di come si recuperava il Soma.
Non so chi abbia inventato 'sta cosa ma è un maledetto genio! Pensò tra se e se Misos mentre i suoi passi lo portavano ad un piccolo ponte dove potevano transitare unicamente i pedoni, ponte dove finalmente avvenne il contatto tra i due Qwaser. E se la prima impressione era quella che contava Empeiros non aveva certamente fatto colpo.
«L'ultima gnocca che avrebbe potuto pedinarci si è fermata ad un negozio d'abiti almeno mezz'ora fa.» Esordì in tono sarcastico Misos portandosi la mano destra al viso e togliendosi gli occhiali con un sorrisetto stampato sul viso.
Le successive parole di Empeiros non fecero altro che fungere da testimone a ciò che il Qwaser aveva supposto pochi minuti prima: il suo piercing aveva catturato l'attenzione dell'antagonista, rendendogli noto che un Qwaser lo stava seguendo probabilmente con intenzioni ostili. I suoi occhi rossi sembrano brillare agli ultimi raggi del sole, rendendo ancora più vermiglio il loro colore. Mentre si toglieva anche il cappello con gesti ampi e privi di qualsiasi minaccia, il Qwaser sogghignò ancora una volta mettendo poi le mani nelle tasche del giaccone.
«Io starei pedinando te? Dimmi piuttosto perché TU ti trovi in questa città, chi ti ha mandato a cercarmi?» Sbottò lui senza però alzare la voce né facendo gesti plateali. La gente intorno a loro sembrava non essersi accorta del fatto che i due potevano essere prossimi a scannarsi a vicenda con grossissime possibilità che venissero coinvolti anche civili innocenti.
Fu allora che tutto degenerò, con movimenti rapidissimi Misos estrasse una pistola sparando velocemente tre colpi in aria, in risposta a quel movimento dalla folla iniziarono a uscire grida e ben più velocemente di quei proiettili, la gente iniziò a fuggire da tutte le parti, in mezzo alla calca tutti si spintonavano e nella confusione una anziana cadde a terra venendo brutalmente calpestata dagli impietosi fuggitivi che cercavano a tutti i costi di allontanarsi il prima possibile da quel pazzo armato di pistola.
«Abbiamo meno di tre minuti e tutti gli sbirri della zona convergeranno qui facendo un gran casino, o mi dici chi sei o faccio in modo che tu non riesca a fuggire da qui, sarai anche un Qwaser ma difficilmente potrai resistere a una scarica di pallottole.» Concluse poi gettando la pistola nel fiume sottostante mantenendo sempre lo sguardo su Empeiros, i suoi occhi non lasciavano mai andare il giovane per evitare movimenti inconsulti o possibili attacchi.
Ormai erano giunti a un punto di non ritorno, tutte le carte erano state poste sul tavolo e ci si avvicinava alla ultima mano, quella decisiva. Non importava quante volte Misos fosse giunto a quel punto, ogni volta egli percepiva un piacevole tepore scaldargli un angolo remoto del suo cuore, come se solo quegli azzardi lo facessero vivere veramente, ogni sensazione che provava era nulla in confronto a ciò che si poteva provare immersi nel combattimento: la possibilità di rimanere ucciso, il sangue che gli ribolliva nelle vene e il cervello che lavorava a mille carico di adrenalina quasi fino a scoppiare.
Il Qwaser dell'Uranio era tutto li: un combattente, un guerriero nato solo per combattere fino a quando non avrebbe esalato l'ultimo respiro, e fino ad allora avrebbe combattuto, gioendo e godendosi ogni istante di quella sequela probabilmente fin troppo breve.
 
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Acchan``
view post Posted on 5/8/2010, 08:46




SPOILER (click to view)
Nei primi post mettete almeno un'immagine ed un nome per far capire chi sono i personaggi ruolanti
 
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Empeiros
view post Posted on 5/8/2010, 22:10




«Geeesù, ne ho beccato uno messo peggio di me.» Si lamentò ad alta voce Empeiros.
A quanto pare anche la persona che aveva davanti non doveva aver avuto vita facile, se si aspettava qualche killer pronto a fargli la pelle dietro ad ogni angolo. Nonostante tutto però, sembrava che entrambi sapessero che uno scontro in piena città non sarebbe stata la cosa più saggia da fare, soprattutto perché, se fossero stati impegnati a scannarsi a vicenda, non sarebbero riusciti a far fronte alle forze dell'ordine che sarebbero intervenute poco dopo l'inizio della loro lotta.
«Senti n-» Empeiros interruppe a metà la frase che stava pronunciando non appena vide che il suo interlocutore stava estraendo con innata velocità nientepopodimeno che una pistola. Che diavolo ci faceva un Qwaser con un'arma da fuoco? A quanto pare però il bersaglio non era Empeiros, ma semplicemente il cielo. Il Qwaser sconosciuto sparò tre colpi in aria, e come diretta risposta subito urla e panico si diffusero fra la gente che era intorno a loro. In pochi attimi, quella che fino a poco prima era una tranquilla strada di città, si trasformò in un inferno. Un gran numero di persone fecero per scappare. Un'anziana signora, in testa alla fila, non riuscendo a tenere il passo della calca dietro di lei, finì irrimediabilmente a terra e in pochi secondi fu brutalmente calpestata dalla gente in fuga. Quando la folla sparì l'anziana era ancora lì, con il volto pieno di sangue, che respirava a fatica, probabilmente aveva diverse ossa rotte.
«Oooh, andiamo, ce n'era proprio bisogno?» Esclamò stizzito Empeiros.
La situazione si era fatto ostica tutto d'un tratto, a quanto pareva il Qwaser davanti ad Empeiros era proprio deciso a scoprire l'identità del giovane, a qualunque costo.
Certo, la minaccia che era stata lanciata ad Empeiros valeva anche al contrario, un Qwaser muore come qualsiasi altro essere umano, se una pallottola gli trapassa il cervello.
«Sbaglio, o la cosa vale anche per te? Nemmeno tu sembri anti proiettile.» Sussurrò Empeiros, impassibile.
Il giovane si guardò intorno, scrutando attentamente l'aria circostante. A quanto pare, tra le altre cose, non erano presenti telecamere o comunque mezzi da cui si sarebbe potuto tracciare un loro identikit o simili.
Il giovane tirò fuori da una delle tasche del suo pantalone quella che pareva una bandana.
«Ok, giochiamo.»
Era scura, con svariate tonalità e alcuni motivi bianchi, sembrava una di quelle fasce in dotazione ai militari per mimetizzarsi negli ambienti urbani. Empeiros se la infilò, piegandola e rigirandola in modo che gli coprisse il volto, come fosse un passamontagna. Se almeno doveva fare casino con la polizia, almeno non voleva essere riconosciuto.

«Che seccatura.» Mormorò Empeiros.
Da una delle tasche posteriori Empeiros tirò fuori un'altra bandana, dello stesso tipo della precedente, stavolta però era completamente nera, a differenza di quella che aveva indosso. Allungò la mano, come per porgerla al Qwaser davanti a lui.
«Empeiros Doleron, Qwaser senza fissa dimora, non appartengo ad alcuna Organizzazione e a breve dovrò lasciare anche questa città a causa di casini con la Polizia. Contento adesso?» Disse, con fare seccato.
«E ora, aspettiamo che le beneamate Forze dell'Ordine arrivino, se proprio ci tieni. Ora mi diresti il tuo nome? Presumo che il resto della presentazione sia bene o male uguale alla mia, visto l'alto tasso di paranoia che ci accomuna.»
Che incontro divertente aveva fatto!
 
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5 replies since 4/8/2010, 22:23   100 views
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