Empeiros Doleron
Un concentrato di odori, rumori e umori si abbatteva implacabile contro il giovane che, con passo veloce, continuava ad avanzare verso la meta. Era sempre stato abituato alla solitudine, a pensare solo con se stesso e nonostante non avesse particolari problemi a stare in mezzo alla folla, quella sensazione gli creava sempre un po' di disagio. Si sentiva... Osservato. Certo, forse era semplicemente paranoico, anzi era paranoico e basta, fatto stava che non gli piaceva stare troppo a lungo tra le persone, lì in mezzo era tutto troppo... In vista.
Tutto era troppo in vista. Quando andava in giro e si ritrovava in mezzo alla folla non poteva fare a meno di osservare le persone intorno a lui. Il loro corpo, le gambe, i fianchi, la vita, le braccia, le mani, il volto. Volti che tradivano ogni aspetto della personalità della persona, gesti che facevano capire cosa realmente pensasse il tal individuo, tic appena percettibili ma dal profondo significato. Tutto, percepiva ogni cosa. Una valanga di informazioni gli inondavano la mente ad ogni passo.
Ascoltava voci, osservava le camminate e il modo in cui le persone interagivano. Un uomo che si sfregava nervosamente le mani, la donna che stava a braccia incrociate sull'autobus affollato, anche la distanza che due persone utilizzavano per interagire fra loro rivelava qualcosa, se analizzata in relazione al contesto.
Ogni dato, se messo in relazione agli altri, dava vita ad un profilo praticamente perfetto della persona con un margine di errore estremamente ridotto. Ciò richiedeva senza dubbio una grande abilità, ma gli studiosi della mente spesso sono capaci di mettere a nudo l'anima di una persona al primo semplice sguardo, quindi, una cosa simile non era poi così straordinaria.
Con la testa che ormai pulsava, il ragazzo si avvicinò ad una piccola gelateria, si avvicinò al gelataio e chiese, sorridente:
«Sono buoni questi gelati?»
L'uomo, un signore di mezz'età dall'aria bonaria, rispose, portando l'indice al naso per un momento: «I migliori della città!»
«Ma dai, siamo proprio sicuri?» Continuò il ragazzo.
«Ovvio, non dico bugie, provare per credere!» Rispose nuovamente l'uomo, portando la mano dietro la nuca.
«In questo caso, prendo una coppetta con tiramisù e banana.» Concluse il giovane.
Quella dell'uomo era chiaramente una menzogna, i suoi non erano i migliori gelati della città ed egli stesso ne era ben conscio, ma era una di quelle menzogne che facevano parte della quotidianità, chiunque le riconosceva, si sapeva che erano palesemente false, ma venivano dette comunque, perché ormai era consuetudine che un commerciante considerasse migliore la sua merce. Perfino i segni rivelatori che svelavano la menzogna non servivano in quei casi.
«Grazie ed arrivederci!» Disse il gelataio salutando.
Il giovane si portò verso un parchetto lì vicino; parco che aveva individuato giorni prima durante le lunghe passeggiate nella città. Doveva andare in un punto dove era presente una minore concentrazione di persone, in quel modo si sarebbe potuto sedere e avrebbe riposato sia le gambe che la testa.
«Paf.» Mormorò il giocane, mentre portava alla bocca il fresco gelato tramite il cucchiaino di plastica.
«Bugie che tutti si aspettano ma che comunque si dicono. Si può considerare una società basata sulla menzogna?» Disse, parlando col nulla.
Il parco non era molto grande, ma al centro aveva una bella fontana e, vicino ad ogni panchina, anche su quella su chi era seduto il giovane, vi erano un paio di lampioni, pronti ad illuminare la zona quando, di lì a poco, avrebbe fatto buio.
La città in sé era parecchio grande, un gran numero di persone e di edifici, un ottimo livello di industrializzazione e di servizi. Tante belle cose da osservare.
«Paf.» Fece di nuovo il giovane.
Ormai il gelato era diventato un miscuglio tra i due gusti, non mancava molto alla fine.
«Potrebbe andare peggio, potrei essere in Francia.» Mormorò nuovamente.
«Però potrebbe sicuramente andare meglio, potrei essere in una località di mare con tante giovani ragazze in abiti succinti pronte a soddisfare ogni mio desiderio.»
Fortunatamente in quel momento accanto al giovane non stava passando nessuno, la gente sicuramente sarebbe rimasta abbastanza impressionata da qualcuno che parlava da solo, e di cose simili per giunta.
Queste cose però è meglio pensarle e basta. Si disse fra sé.
Passò qualche minuto, finì il gelato e, quando trovò finalmente la voglia di alzarsi, lo andò a gettare in uno dei cestini sparsi per il piccolo parchetto situato nel centro città. Ovviamente, non appena ebbe adempiuto all'arduo compito, torno con velocità alla sua ormai prediletta panchina, in modo che nessuno potesse occuparla al posto suo.
Dovrei anche trovarmi una sistemazione fissa. Ahimè, perché devo essere così svogliato?Distendendo le mani su lati della panchina e appoggiandosi bene allo schienale, si mise nella posizione più comoda possibile per osservare le persone che saltuariamente gli passavano davanti.
Fortunatamente portava i suoi soliti abiti, un pantalone di tuta in tessuto tecnico e una lunga maglia a maniche corte con tonalità di bianco e verde con sopra disegnato un dragone orientale, entrambi molto curati e puliti; in quel modo almeno il rischio di farsi arrestare per vagabondaggio era decisamente più basso, soprattutto perché su quella panchina si sentiva un barbone.
Non contento di dove l'aveva portato il suo ragionare, il giovane si alzò e ricominciò ad incamminarsi.
Direi che presto dovrò cercare una dannata casa, non ho assolutamente voglia di continuare a dormire fuori o negli Hotel che mi capitano a tiro. «Paf.» Fece, nuovamente, Empeiros.
Edited by Empeiros - 5/8/2010, 23:12